Il consulente del lavoro ricopre un ruolo professionale di primo piano al servizio di aziende e lavoratori. Questa figura, che esiste in Italia da oltre trent’anni, può collaborare sia con aziende e imprese che con i singoli lavoratori che necessitano una consulenza.
Ma di cosa si occupa nello specifico e perché il suo ruolo è così importante?
Cosa fa il consulente del lavoro?
Il consulente del lavoro ha competenze molto specifiche in materia di diritto del lavoro e fornisce consulenza in materia di amministrazione del personale. L’attività del consulente del lavoro è inquadrata nell’Ordine dei consulenti del lavoro, per i quali è stato creato uno specifico Albo
In un contesto aziendale, si occupa di adempiere a tutte quelle procedure ritenute obbligatorie, rispettando le leggi vigenti in materia. Le sue mansioni sono quindi molte e di grande responsabilità. La principale riguarda senz’altro la corretta gestione del personale (personale subordinato, autonomo e parasubordinato).
Innanzitutto, il consulente del lavoro si occupa del corretto inquadramento del dipendente all’interno dell’azienda, che richiederà l’iscrizione agli istituti previdenziali di riferimento (INPS, INAIL…) con i relativi obblighi assicurativi. Supervisiona tutti gli aspetti giuridici, economici, fiscali e amministrativi relativi alla stipula di un contratto di lavoro, dall’assunzione al licenziamento, fino ai demansionamenti, trasferimenti, contratti interinali e atipici.
Nell’ambito retributivo elabora le buste paga e i contributi, redigendo anche la certificazione unica. Grazie alla conoscenza approfondita dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) e delle norme locali e nazionali, il consulente del lavoro ha le competenze per elaborare i cedolini paga a norma di legge, calcolare i contributi e tutte le variabili contenute nelle buste paga, in collaborazione con l’ufficio contabile dell’azienda.
Si occupa poi della denuncia di maternità, cassa integrazione, infortuni e malattie professionali presso gli enti di competenza. Svolge inoltre un ruolo di mediazione tra aziende e organi istituzionali come sindacati, centri per l’impiego e istituti di previdenza.
La sua consulenza può essere richiesta anche in campo giudiziario, dal giudice o dalle parti in caso di conciliazione e arbitrato in materia di diritto del lavoro oppure assistenza e rappresentanza dell’azienda in tribunale nel caso di controversie con dipendenti o ex dipendenti.
Dovendo adempiere a tutti questi compiti, il consulente del lavoro deve avere una solida formazione in economia aziendale, diritto privato e pubblico, diritto del lavoro, sindacale e tributario, normativa sui contratti collettivi nazionali di lavoro, normativa previdenziale e pensionistica, procedure di gestione dei dipendenti, sistemi retributivi e normativa fiscale e tributaria.
Per diventare consulente del lavoro è richiesto un iter preciso, in cui il conseguimento del titolo di studio accademico è solo il punto di partenza. Pur non esistendo una laurea specifica, un titolo di studio di ambito giuridico ed economico è sicuramente vantaggioso. Il laureato dovrà poi svolgere un periodo di praticantato (di massimo 18 mesi) presso lo studio di un consulente o di uno dei professionisti indicati dall’art. 1 della legge 12/1979. Al termine del tirocinio potrà iscriversi al registro dei praticanti, per sostenere poi l’Esame di Stato necessario per poter esercitare. Se questo viene superato può iscriversi all’Ordine dei Consulenti del Lavoro e al relativo Albo professionale.