Se un tempo il posto fisso era il sogno del popolo, oggi non è più così: sempre più giovani sono stufi delle condizioni di lavoro: il motivo?
Fino a pochi anni fa, il posto fisso era il sogno dell’intera popolazione: contratto a tempo indeterminato, ferie pagate, lavoro continuo e fisso fino al pensionamento. Insomma, una certezza. Il contratto a tempo indeterminato garantiva una certa sicurezza economica e una stabilità personale, ed era visto con orgoglio e come una soddisfazione, la realizzazione di un sogno, appunto.
Oggi, però, le cose sono cambiate, per molteplici cause. Il mito del posto fisso oggi non esiste più, tanto che, secondo un recente report, addirittura l’83% degli intervistati si ritiene insoddisfatto delle condizioni di lavoro, e se potesse cambierebbe immediatamente modalità di impiego. Ma quali sono i motivi che si celano dietro tale insoddisfazione?
Se il mercato del lavoro è sempre stato una giungla, il posto fisso ha rappresentato per decenni un’ancora di salvezza. Abbiamo imparato a conoscere il mito del posto fisso grazie ai nostri genitori o agli amici della generazione più grande, e tutti i vantaggi ad esse legati. Ma oggi il posto fisso non attrae più, proprio perché ha stravolto la sua natura.
Se un tempo questo era visto come sicurezza economica, stabilità, stimolo e riconoscimento sociale, ora è tutto il contrario: stipendi bassi, assenza di stimoli, ambiente stressante, orari troppo lunghi, poche possibilità di fare carriera e di ambire alla cosiddetta scalata sociale. Una routine quotidiana sempre uguale, alienante, depressiva. I giovani con il posto fisso sono sempre meno.
Il ritardo nel cambio generazionale ha creato una frattura incolmabile: i lavoratori ad avere il contratto indeterminato sono sempre più anziani, mentre i giovani e meno giovani vivono di contratti precari, di insicurezze, di stipendi miseri. Un paese sempre più povero, il nostro, costituito da sempre più lavoratori poveri, gente che lavora tanto ma che a malapena arriva a fine mese.
Avere un contratto fisso non è più sinonimo di sicurezza economica, soprattutto nell’ambito pubblico, ma non è solo una questione di denaro: i posti di lavoro ormai sono diventati fin troppo stressanti, si vivono male, in certi ambienti si corre addirittura il pericolo di essere aggrediti, come nel caso degli ospedali, oppure nel caso degli sportelli per i vari servizi al cittadino. Aggressioni sono all’ordine del giorno.
Ma vale la pena andare al lavoro per 8 – 10 ore al giorno, sacrificando l’intera giornata, trascorrere ore nel traffico, essere stressati, dormire poco, alzarsi all’alba, per rischiare di essere aggrediti? Per portare a casa uno stipendio non più in linea con il costo della vita moderna? Oppure per vivere un ambiente privo di stimoli, con colleghi depressi e senza prospettive di crescita sociale ed economica?
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